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ALBERTO CONTADOR: la micro-frattura rimediata qualche settimana prima al Tour lo induce a presentarsi in sordina, dichiarando che al massimo, se la fortuna lo avrebbe assistito, il suo obbiettivo poteva essere quello di portare a casa qualche tappa. Pochi ci hanno creduto, anche i muri sanno che quando El Pistolero si presenta al via di un GT lo fa con l’intento di vincere. Ma da lì a pronosticare il suo successo ce ne passa. Resta incollato alle “frullate” del kenyano bianco, e già lì sarebbe da applausi, per poi salutarlo con la proverbiale rasoiata all’ultimo chilometro. Porta a casa due tappe e la roja facendo ammattire, manco ce ne fosse bisogno, il suo istrionico datore di lavoro, Oleg Tinkoff. GRANDIOSO. VOTO: 10 E LODE.
CHRIS FROOME: Agli esteti della bicicletta può non piacere, ma quando aziona il motorino fa paura. All’inizio della Vuelta fa l’elastico, si stacca e poi si riaccoda, si stacca e poi si riaccoda ancora. Poi quando la gamba sembra quella dei tempi migliori le prova tutte per stremare il grande Albertino. Alla fine finisce stremato lui, ma la caparbietà con cui ci prova è da ammirare. Guarda più il suo computerino che la strada davanti a sè, tatticamente rimane sbadato e sinceramente il suo stile non ci fa impazzire, sta di fatto che rimane pur sempre uno dei più forti del lotto. FRULLATORE. VOTO:8,5
ALEJANDRO VALVERDE: secondo al Tour e terzo alla Vuelta. Inizialmente “sbarca” in Spagna con il compito di scortare Quintana, poi causa caduta del colombiano, si ritrova nei panni del leader. Ci si aspetta da un momento all’altro una delle proverbiali cappellate con cui spesso butta via buoni piazzamenti nei GT. Invece no, è vero persevera in scatti di cui non si capisce la ragione, ma vince una tappa ed è in grado, nonostante le faticacce del tour, di reggere per tutte e tre le settimane. Ha una grande gamba, chissà cosa sarà in grado di fare al mondiale spagnolo di Ponferrada. SORPRENDENTE. VOTO:8,5
JOAQUIM “PURITO” RODRIGUEZ: Ha corso il Tour senza velleità di classifica, in preparazione a questa Vuelta. In salita è sempre con i migliori, ma quando prova a mettere la testa fuori dal gruppo non sembra mai essere convinto appieno. Nell’ultima tappa, ad esempio, scatta ben prima dell’ultimo chilometro ma viene inesorabilmente ripreso e uccellato dal connazionale Valverde. Non riesce a lasciare il segno con una vittoria di tappa, che lo avrebbe rinfrancato. Ormai le occasioni per vincere un GT sono sempre meno. Chiude comunque con un buon quarto posto, che però non gli può che andare stretto. BRAVO, MA NON BASTA. VOTO:6,5
FABIO ARU: Al giro dei colombiani è giunto terzo. Alla vuelta, come al Giro, i gradi del capitano, almeno stando alle dichiarazioni della vigilia, non gli vengono affidati fin da subito. Di sicuro un modo per non mettere pressione al ragazzo, visto che il presunto capitano Mikel Landa non si vede praticamente mai. Non solo viaggia in salita con l’elitè del ciclismo, ma si toglie pure lo sfizietto, si fa per dire, di vincere in modo diverso ma altrettanto bello, due tappe con arrivo in salita. Ha lo stoffa del fuoriclasse, e non ce ne accorgiamo certo adesso. Con un Aru così siamo a posto per una decade. TALENTO PURO. AIòò VOTO:9
SAMU SANCHEZ: il primo degli umani, visto il distacco con cui chiude dai primi cinque. Prova ad allungare in discesa con qualche pennellata delle sue, più si va avanti e più la sua gamba cresce. Sarà pure un vecchietto ma ha ancora qualcosa da dire. Certo non vederlo più con la maglia Euskadi fa strano, ma purtroppo ci dobbiamo abituare. CAPARBIO. VOTO:7
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DANIEL MARTIN: Al suo primo GT per far classifica, visto che il suo Giro si era concluso ancor prima di iniziare con il ruzzolone da candid camera della cronosquadre di Belfast. Prova a cogliere un successo parziale, ma vuoi le fughe, vuoi i magnifici cinque, non ci riesce. Corre con 6 punti di sutura al ginocchio e ha la garra, come direbbero in sud america, per concludere settimo. ARCIGNO. VOTO:7
Il compagno Ryder (hesjedal) passa alle cronache più per il presunto motorino nella bici che per altro. Lui non ci sta, il giorno dopo va in fuga, all’ultimo chilometro sgasa e vince. RYDER C’è, RYDER C’è, RYDER C’è. VOTO:7
WARREN BARGUIL: Il francesino, da buon transalpino, voleva correre il tour, ma la Giant aveva altri programmi, visto che decide di far girare tutta la squadra intorno alle due ruote veloci: kittel e Degenkolb. L’anno passato era stata la rivelazione con due vittorie di tappa, quest’anno si presenta per testare la sua attitudine alla classifica. È un attaccante e in salita non perde occasione per piazzare qua e là qualche bella rasoiata. Chiude ottavo ma l’impressione è che possa crescere ancora. Il tempo è dalla sua. VOTO:7
DAMIANO CARUSO: Di gran lunga il suo miglior GT. Non si vede quasi mai ma c’è, eccome se cè, che sia un arrivo in volata ristretta o che siano le arcigne pendenze delle torride salite spagnole è sempre lì. Finirebbe decimo, ma nella crono finale riesce a beffare l’ex fidato del Pistolero, Daniel Navarro. Un buon punto da cui partire per la nuova avventura in BMC del prossimo anno. COSTANTE. VOTO:7
ALESSANDRO DE MARCHI: fa valere il numero rosso vinto al Tour. Una volta sì e l’altra pure si ritrova all’attacco e quando riesce finalmente a trionfare si dedica al compagno Caruso. Finalmente anche l’Italia ha il suo fugaiolo di professione, e che fugaiolo. MERAVIGLIOSO. VOTO:9
DANIEL NAVARRO: Da sempre il pupillo di Contador. Se adesso c’è Hesus Hernandez prima era Daniel l’angelo custode del Pistolero. Non ha certo le stigmate del campione ma ci piace perché non è certo uno che lesina scatti. Porta a casa una tappa e non è poco, in più entra nella top10, che rimane un risultato di tutto rispetto. Un suggerimento: forse farebbe bene ad abbandonare le velleità di classifica per diventare uomo da fughe da lontano o da maglia a pois. VOTO:7
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